Sono molte le persone che tendono a conservare oggetti effettivamente inutili fino a creare un accumulo da qualche parte in casa. Questo fattore, però, non influenza la vita quotidiana. Diverso è il caso di chi soffre del disturbo da accumulo. Continua a leggere per saperne di più!
Le persone che soffrono di tale disturbo, meglio conosciuto come ”accumulo compulsivo”, possono finire per vivere in uno spazio ridotto della propria casa a causa di montagne di cianfrusaglie presenti.
Chi soffre di accumulo compulsivo non riesce a liberarsi della maggior parte degli oggetti che possiede (vestiti, vecchi elettrodomestici rotti, vecchi giornali, imballaggi di alimenti e, a volte, anche animali). Oltre a ciò, si tende spesso a ricercare diverse categorie di oggetti da poter accumulare.
L’acquisizione eccessiva è un tratto distintivo che caratterizza l’80-90% di chi soffre del disturbo da accumulo. La metodologia più comune è l’acquisto eccessivo, più l’acquisizione di oggetti gratuiti (volantini) oppure oggetti buttati via da altri.
L’accumulo compulsivo è un disturbo dello spettro ossessivo-compulsivo, e comporta dunque la difficoltà a separarsi dagli oggetti accumulati anche se di nessun valore.
Circa il 75% delle persone che soffrono di accumulo compulsivo, soffrono anche di disturbi dell’umore e d’ansia, con particolare associazione a depressione e fobia sociale.
Solo un professionista specializzato può diagnosticare con certezza il disturbo da accumulo. Una diagnosi psicologica accurata permette di individuare in dettaglio cause e caratteristiche del disturbo da cui il paziente è affetto.
Se ci si trova a vivere in un luogo dove spazi utili sono riempiti da oggetti insignificanti difficili da rimuovere, può essere il caso di chiedere aiuto.
Attualmente non esiste una terapia efficace per trattare il disturbo; l’aiuto nel liberarsi degli oggetti accumulati non esclude assolutamente ricadute successive. La terapia serve a gestire il disturbo per evitare che diventi insostenibile.
Questo disturbo colpisce tra il 2 e il 6% della popolazione. Di solito i primi sintomi si manifestano intorno agli 11-15 anni, creano disagio dopo i 20 anni e peggiorano inevitabilmente dopo i 30 anni. Chi ne soffre spesso ha dei parenti da cui il disturbo viene trasmesso.